E ' proprio vero, come ha dichiarato l'autore in una intervista, che Seta ? un racconto diversissimo dai precedenti suoi romanzi. Tanto Castelli di rabbia era sovraccarico di immagini e stratificato in diversi livelli stilistici, tanto Seta ? limpido, leggero. Tanto Oceano mare era labirintico, tanto Seta ? lineare e semplice. Anzi, il titolo allude non solo al motore della vicenda, la seta che veniva prodotta in un paesino della Francia meridionale, Lavilledieu, e ricavata dai bachi importati grazie agli avventurosi viaggi di Hervé Joncourt in Giappone. Il titolo allude anche (e forse soprattutto) alla trasparenza del racconto stesso. Siamo negli anni tra il 1861 e il '65, in questo breve arco di tempo Lavilledieu vivr? la sua fortuna con sette filande attive e infine un breve declino, quando le insurrezioni e le rappresaglie impediranno l'accesso in Giappone agli stranieri. Non resta molto altro da aggiungere per quanto riguarda l'intreccio: se non che il giovane protagonista, nei suoi numerosi viaggi, stabilisce contatti con Hara Kei, un enigmatico capo-santone, probabilmente un bandito, crudele a tal punto da far fuori, impiccandolo, un ragazzino colpevole di aver guidato Hervé verso il suo accampamento mentre i villaggi sono messi a ferro e a fuoco dagli insorti. E c'? anche una vicenda d'amore, anzi di tradimento forse reale o forse immaginato: arrivato casualmente alla corte di Hara Kei, Hervé viene catturato dallo sguardo magnetico di una giovane donna sdraiata sulle gambe del guru. Non dimenticher? pi? i suoi begli occhi che stranamente «non avevano un taglio orientale», ne rester? turbato, li ritrover?, si guarderanno intensamente «in una triste danza, segreta e impotente», al ritorno trover? arditi messaggi d' amore e inviti erotici che si riveleranno scritti dalla dolce moglie, Hél?ne. Come la seta nasceva dai bachi, la storia di Baricco sorge quasi dal nulla e con nulla si sviluppa. Non solo perché molti dei personaggi che vi compaiono si muovono «in una bolla di vuoto» (cos? dice di Hara Kei il narratore), tra allusioni, silenzi, sospensioni. Del resto i silenzi vengono qui visualizzati nei frequenti bianchi della pagina (e qualche volta della riga, che si interrompe a mo' di verso). La seta? «Se la tenevi tra le dita, era come stringere il nulla». Cos? ? Seta, sfuggente, elusivo, specie quando dalla Francia la narrazione si sposta verso l'Oriente. Un Oriente immaginario e favoloso nonostante gli agganci storici o pseudostorici da cui prende avvio il tutto. Persino la sonorit? dei nomi riesce a emanare una potente forza evocativa: Baldabiou, il grande manovratore delle spedizioni orientali, lo stesso Hervé Joncour, Madame Blanche, la tenutaria del bordello di Nimes che decifrer? gli ideogrammi della misteriosa ragazzina ammaliatrice; Hara Kei. Per non parlare dei toponimi orientali che acquistano valore nel semplice atto, musicale, della nominazione. Seta risulta in definitiva una elegante decorazione, costruita su un sottilissimo intreccio di storia e favola, con ritmi benissimo studiati: ritmi che da una pacatezza di fondo (accesa da abbandoni lirici) improvvisamente accelerano quando meno ce lo aspettiamo, quando per esempio il protagonista affronta il suo viaggio, di cui vengono semplicemente sciorinate le tappe in rapida sequenza, ripetendosi a distanza nelle 65 brevi sequenze, come un refrain o un'eco. Baricco utilizza bene l'iterazione, quasi a sottolineare la ritualit? tipica della fiaba e forse qualche volta esagera nel mettere a nudo i meccanismi della narrazione «iniziatica». Ma tutto sommato, leggendo Seta si ha l'impressione che l'autore riesca a giocare di sottrazione, esattamente come nei precedenti romanzi giocava di accumulazione optando per un andamento barocco, intasato di immagini e di registri. Qui tutto ? ridotto all'osso, essenziale, aereo. Rimane per? lo stesso impeto del raccontare. E la prova che se il protagonista riesce ad «assistere alla propria vita, ritenendo impropria qualsiasi ambizione a viverla», uno scrittore pu? benissimo raccontare senza pretendere di dirci qualcosa.
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